Proiezione in Campidoglio di “Laicitè inch’Allah!” della regista tunisina Nadia El Fani

La Tunisia è stata sempre considerata come il Paese arabo più “laico” del Magreb. Oggi però, lo scenario sembra totalmente diverso e chi ostenta libertà di coscienza e dichiara apertamente d’essere ateo, lo fa mettendo in pericolo la propria vita. Come racconta, a Roma, la regista El Fani.  “Non importa se si è cristiani, musulmani, atei, buddisti: prima ‘cittadini’ e poi altro. Nel nostro Paese non possiamo crescere verso la modernità se continuiamo a pensare che dobbiamo obbedire alle leggi religiose. Dobbiamo sviluppare la laicità, è per questo che ho realizzato il film per i giovani.” Sono le parole della regista franco-tunisina Nadia El Fani che, dopo il suo film ‘Laicità, inch’Allah!’ ha ricevuto minacce di morte. Nella pellicola, che sarà proiettata giovedì alle h 15.30 a Roma nella Sala del Carroccio al Campidoglio, si affronta coraggiosamente il tema della laicità e la condizione della donna nei paesi musulmani e in particolare in Tunisia, proprio pochi mesi prima della deposizione di Ben Alì e delle cosiddette “primavere arabe” del 2010. Saranno presenti, oltre alla regista, la giornalista Monica Lanfranco e il capogruppo SEL al Comune Gianluca Peciola. Dopo la strage della redazione di Charlie Hebdo a Parigi, affrontare questo conflitto assume un rilievo particolare poiché non è più possibile eludere queste tematiche nel dibattito politico e culturale. “In seguito ad un reportage diffuso dalla tv tunisina Hannibal TV – scrisse Séverine Labat su Le Nouvel Observateur – il suo nuovo film le ha procurato l’ira di un islamismo le cui reazioni minacciose cominciano ad incutere seria paura”. Il luogo delle minacce fu ovviamente Facebook, dove spuntarono i detrattori della El Fani i quali, secondo quando riporta ancora l’articolo di cui sopra rappresentarono la regista come il diavolo, promettendole l’Inferno o più espressamente “un proiettile in testa”. “Il suo crimine? Aver semplicemente dichiarato di non credere in Dio…” rilevò la Labat. El Fani iniziò le riprese durante il ramadan del 2010 con l’intento di offrire uno spaccato della società tunisina divisa tra istanze di laicità, in gran parte appannaggio delle classi più istruite del Paese, e chiusure ideologiche di stampo religioso. Il film è strutturato come un documentario; dopo le prime proiezioni in patria nel giugno 2011 che avevano provocato polemiche, tumulti, accuse di offesa alla religione e minacce da parte degli esponenti più fondamentalisti dell’Islam locale, la pellicola fu poi distribuita in Francia e, solo dall’anno scorso, in Italia. – See more at: http://rainews.cms.rai.it/preview/mariav.dematteis/dl/rainews/articoli/ContentItem-3ecfea6a-fa6b-4887-84d7-0871350efcab.html

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