Coronavirus, storia di Enrica che fa tre lavori: giornalista, insegnante e casalinga

Le aziende ripartiranno, e senza mettere a rischio la salute dei dipendenti. Il “lavoro agile” – secondo il team di esperti guidati da Vittorio Colao – sarà obbligatorio per le grandi aziende. Arma segreta nella guerra contro la pandemia, si sa per certo che lo smart working limita il numero di persone nei luoghi di lavoro. Meno si sa riguardo all’impatto sulle persone in termini di risparmio economico ambientale e di tempo. E di qualità della vita.

Il virus insegue noi, noi inseguiamo il lavoro…”, dice Enrica. Enrica lavora da casa per una nota testata nazionale online. Il giornale ha sede a Roma, 6 dipendenti, molti collaboratori, e si occupa di cronaca, politica e attualità. Mezz’età, pallida e un po’ provata, vuole condividere la sua esperienza con altri colleghi.  

Dall’inizio della pandemìa lavori da casa: come ti organizzi la giornata?  

“Come una donna sola e fuori sede da anni, in una casa per cui ho avuto da poco lo sfratto, sperando che le rinnovino il contratto e che non si ammali di nuovo!”.

Hai avuto sintomi da Covid-19 come tosse, stanchezza e febbre alta?

“Si, e benchè il medico di base avesse segnalato i miei dati alla Asl, non è venuto nessuno a farmi i tamponi… Secondo il mio dottore ero positiva. E’ che io mi muovo con i mezzi pubblici, e nell’ora di punta è un delirio. Per fortuna, mio figlio di 6 anni che dorme nella sua cameretta è sano e vivacissimo (anche troppo!).”  

Ora come stai?

“Dopo 20 giorni, meglio: certo, a me che sono allergica a tutto, mancava il Corona virus; ma oggi – malgrado i pollini di stagione – esco e vado a fare la spesa bardata di tutto punto”.

Riesci a conciliare vita privata e lavoro, in casa?

Faccio almeno 3 lavori: casalinga, insegnante e giornalista. Se penso a quante/quanti siamo, nella mia condizione, a Roma e non solo, mi consolo. Del sospetto contagio non ho detto nulla ai miei in Calabria, per non farli preoccupare. Ho diverse amiche/colleghe che gestiscono psicologicamente in solitudine queste ed altre incognite.”

Quali, per esempio?

“La precarietà: un fantasma con cui non ci si rassegna a convivere pur essendone costrette. Non ho più 20 anni e il mio contratto è in scadenza, nessuno si è pronunciato sul suo rinnovo.”  

Com’è oggi, per te lavorare da casa?  

“In smart working, con il cellulare che non smette mai di squillare e le agenzie da seguire, fra notifiche, mail e whatsapp, è un delirio. ‘Si lavora più di prima’, mi dicevano quasi tutti, con in più la fatica di far convivere nello stesso spazio vitale lavoro e famiglia. Certo con la riapertura delle scuole, a settembre, sarà diverso: ora ti ritrovi in videoconferenza in riunione di sommario mentre tuo figlio ti tira una pallina di gomma per giocare.”

In tema di lavoro agile, la normativa di riferimento – legge del 22 maggio 2017 . 81 – al comma 1 art.20 afferma che ‘si ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello applicato a chi svolge le stesse mansioni all’interno dell’azienda’. Lo riscontri?

“Non direi, ma sono pronta a restare in smart anche rinunciando a maggiorazioni, straordinari, premi di produzione, buoni pasto, socialità, eccetera, pur di mantenere il lavoro. Non so neanche se, facendomi male in casa mentre lavoro, avrei una copertura assicurativa…”.

Il fatto di non esser fisicamente al giornale ti pesa?

Finchè la scuola è chiusa, sì. Poi, con questo ‘lavoro agile’ siamo tutti più vulnerabili sul piano sindacale perché lavorando da casa viene meno lo spirito di gruppo. La presenza corale è importante per confrontarsi, contarci e far valere i nostri diritti. Può esserci abbrutimento, scarsa concentrazione e assenza di crescita per mancato confronto nella redazione col deskista… Potrebbe anche essere una possibilità anziché una scelta subita, purchè però non diventi uno strumento di pressione per rivedere le condizioni retributive, spesso già molto penalizzate”.  

Si è dimostrato in emergenza di aver comunque mantenuto – con il lavoro agile – gli standard produttivi e i risultati. Sei d’accordo?

Ovvio che il nostro è per antonomasia un lavoro da fare al bar, in casa, in piazza, sul treno o dovunque serva ‘trasmettere’, non necessariamente – quindi – dalla postazione di un giornale. E’ un lavoro che si misura sulla notizia e sulla tempestività in cui viene data, non sulla strisciata del badge. Dal punto di vista aziendale: massimo profitto, minimo investimento.”    

Se potessi scegliere la modalità in cui lavorare, in futuro?

“Tra web quotidiano da aggiornare e programmare per i giorni a venire, pagine da chiudere, cambio scaletta, richieste all’ultimo minuto… non stacchi mai, non è così bello come qualcuno lo immagina. Se poi devi fare un’intervista o andare davanti al parlamento, seguire un evento o essere in conferenza stampa, i tempi si dilatano e ben pochi di noi precari hanno la fortuna di abitare in centro dove accade tutto…”

Cosa ti manca di più della redazione?

“Un caffè con un collega anche se dell’orrida macchinetta in corridoio.”

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